“Il ritorno alla terra è una questione politica”, ha detto Carlo Petrini di Slow Food un po’ di giorni fa, in barba a ogni vagheggiamento romantico.
In quest’affermazione è racchiuso il senso di quello che sta accadendo in Italia negli ultimi anni. Tutti sappiamo che le zone rurali sono state abbandonate, principalmente sulla spinta di genitori per cui il lavoro della terra ha significato sudore, fatica, a volte umiliazioni, e hanno voluto regalare ai loro figli un futuro migliore. Ora, invece, si assiste a un “ritorno alla terra” da parte dei giovani, spesso laureati e plurititolati, che non vogliono lasciar cadere nell’abbandono le terre dei loro antenati.
Incoraggiare il ritorno alla terra
Amore per la propria terra? Bisogno di tornare a una vita più autentica e riscoprire le proprie radici? La risposta a queste domande è indubbiamente e spassionatamente “sì”. Ma bisogna anche dire che aldilà dei bisogni, delle aspirazioni e delle passioni individuali di ognuno, i giovani devono fare i conti con le possibilità offerte dal territorio in cui vivono. E se decidono di tornare alla terra, è anche perché si sentono incoraggiati farlo.
In altre parole: quella di rilanciare i settori primari, piuttosto che insistere su settori già saturi e a rischio di disoccupazione è anche una scelta che viene “dall’alto”. Perché è da lì che arrivano i finanziamenti necessari per poter dar vita a nuove realtà imprenditoriali e mettere così a frutto le proprie doti individuali e le proprie campagne.
Questo però vuol dire che la politica, oltre a dare l’input iniziale per attirare i giovani, deve anche farsi carico della questione a 360 gradi. È necessario che si assuma la responsabilità di guidare il mercato alimentare nella sua totalità, dai metodi di produzione alla distribuzione, che deve svolgersi nel rispetto delle persone e della qualità dei prodotti.
La dichiarazione completa di Carlo Petrini:
“Il ritorno alla terra è infatti una questione politica ed è quindi quest’ultima che si deve fare carico di scelte e indirizzi che vadano in questa direzione. È tempo dunque di dare una nuova faccia alle politiche alimentari, facendo sì che lo Stato cambi dinamiche al momento dettate dal mercato, permettendo alle piccole-medie aziende di diventare davvero più intelligenti: implementando e favorendo innovazione, sostenibilità e cooperazione”.
Anche noi crediamo che il ritorno alla terra sia una questione politica, oltre che sociale, e non procrastinabile. Così come sappiamo che proprio i giovani rappresentano una risorsa nuova per l’agricoltura. E come dimostra anche la storia della nostra azienda, i giovani che hanno deciso di dedicarsi alla terra e al settore primario in un modo nuovo, mantenendo comunque sempre un legame con il passato, rappresentano una scommessa vinta. Non più tardi dell’anno scorso, in autunno, Coldiretti ha registrato un boom di giovani in agricoltura, sulla base dei dati dell’aggiornamento Eurostat.
Inoltre, proprio dopo questi mesi complicati, prima con il lockdown e ora con le misure di contenimento, sono andati persi molti posti di lavoro e l’economia rischia una forte crisi. E così che molti giovani stanno decidendo di lasciare le città e di tornare alla terra. L’agricoltura rappresenta un’interessante opportunità di lavoro per loro: l’agricoltura sta tornando a essere un settore strategico per la ripresa economica e occupazionale. E naturalmente l’impiego e l’impegno dei giovani in questo settore rappresenta a sua volta un grande vantaggio e un’importante occasione per innovarsi e modernizzarsi.
Chi si impegna in agricoltura oggi è animato da una consapevolezza molto differente da quanto accadeva in passato. L’agricoltura rappresenta una scelta e non una condizione da cui fuggire. Una motivazione che si traduce anche in scelte imprenditoriali diverse, che puntano più alla qualità che alla quantità della produzione.
Un approccio coraggioso che le istituzioni politiche, sia a livello nazionale che europeo devono farsi trovare pronte a premiare. E bisogna dire che effettivamente, sotto questo aspetto, sembra intravedersi qualcosa di nuovo, con sempre maggiori investimenti pubblici, regionali ed europei.
Così come è fondamentale che le scelte di cambiamento di questo tipo vengano sostenute anche dalle parti politiche e dalle istituzioni, è altrettanto imprescindibile rivalutare a livello sociale il ruolo del contadino e dell’imprenditore agricolo, che ora non è più un mestiere casuale o ereditato, ma è conseguenza di anni di studio, una scelta consapevole. Perché appunto: “Il ritorno alla terra è una questione politica”.
E infatti per spiegare l’affermazione iniziale di Petrini, con cui si apre quest’articolo, concludiamo con le sue stesse parole:
“Per far sì che un ritorno alla terra sia possibile, accattivante e sostenibile, sono necessari strumenti che impediscano il divario digitale delle zone rurali, infrastrutture che combattano l’isolamento sociale e commerciale, semplificazioni burocratiche che snelliscano i processi, finanziamenti che supportino chi fa del cibo uno strumento per tutelare il territorio e promuovere le tradizioni locali, e non per ultima la giusta educazione per creare un tessuto sociale capace di capire, apprezzare e supportare queste realtà come parti integranti della propria comunità”.
Noi dell’Azienda Agricola Olio Febo crediamo fermamente che sia necessario sostenere e facilitare il sogno imprenditoriale di questa nuova generazione che vede nel ritorno alla terra una speranza, nella provincia una risorsa, nell’agricoltura il futuro. Se volete fare un acquisto di qualità e sostenere un’azienda pugliese guidata da giovani che hanno scelto il ritorno consapevole alla terra, andate sul nostro shop online